L’Ucraina e le migrazioni: uno sguardo storico per capire mutamenti e tensioni di oggi

La storia migratoria

Dopo la Russia, l’Ucraina è il paese più esteso d’Europa con una popolazione di 44 milioni di persone, con due principali gruppi etnici: 77,8% di ucraini e 17,3% di russi. L’Ucraina ha conosciuto 4 principali ondate migratorie in uscita dal Paese. Nella prima, dal 1860 al 1914, verso Canada, Stati Uniti e Brasile, circa 500mila giovani contadini con le proprie famiglie hanno lasciato l’Ucraina occidentale, soprattutto per motivi economici.

Nella seconda ondata, tra le due guerre mondiali, emigrano in particolare per motivi politici circa 200mila ucraini (intellettuali, militari e studenti) verso Canada, Stati Uniti, America del Sud, Australia, Francia, Belgio, Austria e Repubblica Ceca.

Anche nella terza ondata, subito dopo la II Guerra Mondiale e fino al 1953, i motivi prevalenti furono di natura politica. Si tratta di giovani deportati dai nazisti in Germania, ma anche militari ed intellettuali anticomunisti che non volevano tornare in Ucraina, occupata dall’Unione Sovietica. A loro fu riconosciuto lo status di rifugiato in diversi paesi: 80mila negli Stati Uniti, 30mila in Canada, 20mila ciascuno in Australia e in Gran Bretagna, 10mila ciascuno in Belgio e in Francia.

Da fine XX secolo e inizio XXI, dopo la caduta dell’Unione Sovietica e la penetrazione del sistema capitalistico nelle società post-sovietiche (elementi che hanno favorito nella popolazione spostamenti e migrazioni), troviamo la quarta fase dell’emigrazione ucraina, indirizzata prevalentemente verso l’Europa occidentale.

Dall’Ucraina si emigra a causa di un’economia fragile e squilibrata. In effetti, la divisione tra parte occidentale, ucrainofona e culturalmente più vicina all’UE, e parte orientale, maggioritariamente russofona, vi è una frattura soprattutto economica oltre che etnica o politica. La zona occidentale, il “granaio del mondo”, è essenzialmente agricola e povera. La zona orientale, fortemente industrializzata, è più ricca.

È dalle regioni, meno sviluppate e più povere, confinanti con i Paesi dell’UE da cui emigrano donne e uomini ucraini che preferiscono lasciare il poco garantito dal lavoro nei campi con la speranza di trovare migliore occupazione nell’Unione Europea in modo da poter inviare le rimesse in patria per mantenere le famiglie.

Le mete iniziali d’emigrazione sono la Polonia, l’Ungheria, la Bulgaria, la Turchia, e soprattutto l’Italia dove si entra soprattutto con visti turistici e si rimane poi a tempo indeterminato.

Ucraini in Italia: ieri e oggi

In Italia, è più facile controllare chi sbarca dal nord Africa che non chi viene dall’est. Questa frase, apparentemente paradossale, può aiutare a capire il fenomeno migratorio verso l’Italia dai Paesi d’Europa orientale. Un pullman turistico, infatti, non ha lo stesso impatto emotivo-mediatico di un barcone che approda a Lampedusa. Quel pullman dell’est porta comunque in Italia quei migranti che, arrivati grazie ad un visto turistico e studentesco, finiscono spesso per restarci anche senza documenti validi (sono quasi 20 mila gli ucraini che hanno chiesto di essere regolarizzati con la sanatoria del 2020 nell’ambito del lavoro domestico italiano).

Questi lavoratori in situazione irregolare vanno a sommarsi ai 228mila migranti ucraini presenti in Italia, al 1.1.2021, vale a dire il quinto gruppo per numero di presenze dopo rumeni (1,1 milioni), albanesi (410 mila), marocchini (408 mila), e cinesi (289 mila).

Le donne ucraine sono 176mila e rappresentano il 77,4% della comunità in Italia. Hanno un’età media di circa 45 anni: molto più alta della media degli altri gruppi immigrati. Sono in genere impiegate nei servizi di cui 50% come colf o badanti e 20% nei settori del commercio e in quello alberghiero-ristorazione.

Dall’Ucraina, perciò, si è emigrato in questi anni per motivi economici. I cittadini che hanno cercato fortuna all’estero provengono soprattutto dalle regioni povere occidentali, lontane dal Donbass e dai territori contesi tra truppe governative ucraine, milizie filorusse ed esercito di occupazione russo.

Post – guerra di occupazione russa

Oggi, però, in seguito all’invasione militare russa, iniziata il 24 febbraio 2022, oltre 1 milione di sfollati, soprattutto donne, bambini e over sessantenni. hanno raggiunto l’Unione europea entrando in Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. In questo esodo forzato dall’Ucraina sono coinvolti anche centinaia di migliaia di migranti e rifugiati provenienti da altri Paesi e presenti in Ucraina al momento dell’invasione. Questi migranti non Ucraini e tanti studenti stranieri, eritrei o senegalesi, fuggono anche loro dalla guerra ma arrivati alle frontiere dei Paesi UE sono inesorabilmente respinti probabilmente perché non sono bianchi e cristiani come i loro compagni ucraini di disavventura.

Secondo le previsioni, tali numeri sono destinati ad aumentare. Le stime indicano come possibile una cifra compresa tra 2,5 e 7,5 milioni di sfollati a causa del conflitto armato, di cui circa 3-4 milioni potrebbero chiedere protezione internazionale.

A questi profughi, senza distinzione di colore o religione, si applicherà la direttiva sulla protezione temporanea 2001/55/CE che prevede in automatico il riconoscimento della protezione internazionale per un anno (rinnovabile) a tutte le persone che provengono dalle zone di guerra (che non dovranno dunque presentare alcuna richiesta di asilo da passare al vaglio delle commissioni territoriali).

Questi profughi riceveranno il documento e potranno circolare liberamente in Europa. Non è così prevista alcuna ripartizione in quote di accoglienza per gli stati membri dell’Europa visto che i profughi saranno liberi di muoversi e di scegliere il Paese in cui andare a raggiungere amici e parenti.

In Italia, dall’inizio del conflitto, ne sono arrivati quasi dieci mila. Arrivano soprattutto dal confine friulano, dopo estenuanti viaggi in automobile o in pullman. Sono famiglie, spesso composte solo dalla mamma e dai bambini, perché il papà è rimasto in patria a combattere. In molti casi, si sistemano presso familiari già presenti sul territorio nazionale o presso famiglie italiane che hanno dipendenti originari dell’Ucraina. L’associazione Italia-Ucraina stima in 800-900mila i profughi che potrebbero prossimamente cercare rifugio in Italia.

Per preparare tale arrivo massiccio, il Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2022 ha approvato un decreto-legge sull’accoglienza dei profughi provenienti dall’Ucraina decretando lo stato d’emergenza fino al 31.12.2022 e uno stanziamento di 10 milioni di euro per gli interventi più urgenti.

Il Ministero degli Interni ha, al momento, predisposto un piano di accoglienza per 16mila posti nelle strutture destinate ai migranti, 13mila nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e 3mila nella rete Sai (Sistema di accoglienza e integrazione).

Se le previsioni che parlano di milioni di persone in fuga dall’Ucraina dovessero avverarsi, i posti previsti sarebbero sicuramente insufficienti, ma si confida nelle iniziative specifiche sui territori e nella gara di solidarietà tra gli italiani e gli ucraini già presenti nel Paese. In effetti, l’Italia conta la più ampia comunità ucraina d’Europa (circa 250 mila persone), presente soprattutto in Lombardia, Emilia-Romagna e Campania, dove risiedono circa il 60% dei cittadini ucraini.

È dunque prevedibile che migliaia di profughi arrivino ma già con un indirizzo dove andare, trovando ospitalità a casa di familiari e amici, soluzione di certo preferibile ai centri di accoglienza. Resta comunque il problema del loro mantenimento e toccherà allo Stato, ai Comuni, alla rete di enti e associazioni di volontariato provvedere ai pasti, all’assistenza sanitaria, e poi alla scolarizzazione dei bambini, ai corsi di italiano e di formazione e lavoro per gli adulti.

A tale scopo, si stanno tenendo riunioni in tutta Italia, nelle Prefetture con i rappresentanti delle diocesi, le Caritas ed esponenti di regione e Comuni di competenza in modo da cominciare a realizzare concretamente l’accoglienza delle persone in fuga dall’Ucraina. Queste iniziative si propongono di recensire le disponibilità di alloggi (sia privati che pubblici) sul territorio, di offrire cure mediche a bambini e malati gravi o disabili, di raccogliere fondi e beni utili da destinare alle vittime della guerra in Ucraina.

Cosa fare come Scalabriniani?

Come Scalabriniani, presenti e operanti in Europa, vogliamo offrire il nostro contributo di solidarietà alle vittime di ogni esodo umano e, oggi in particolare, a quello che coinvolge tutte le persone che fuggono la guerra in Ucraina, siano esse di cittadinanza ucraina oppure di altra cittadinanza immigrate in Ucraina per studio, lavoro o riunificazione familiare.

Il primo livello del nostro impegno di Scalabriniani, missionari fondati per “fare del mondo patria dell’umanità” è quello di denunciare l’uso strumentale delle parole per descrivere il tragico esodo dei profughi che fuggono dall’Ucraina.

Quelli che fuggono la violenza della guerra sono donne, bambini, uomini, cittadini ucraini, spesso bianchi e cristiani, ma anche immigrati di paesi terzi, a volte neri e musulmani, accomunati tutti dalla stessa paura della guerra o dei lager libici e dalla stessa voglia di vivere. E per questo non possono essere né etichettati come “profughi veri” e “profughi finti” (come qualche politico italiano ha cercato di sostenere), né possono essere discriminati alle frontiere di Polonia o Romania, o di qualche angolo di Mediterraneo, da qualche zelante guardia di frontiera che si arroga il diritto di far entrare alcuni e di respingere altri, come se non fosse vero che tutti fuggono la guerra.

In realtà, nessuno sceglie di finire sotto le bombe di una guerra, indipendentemente da dove si vive, dal proprio colore di pelle, dal fatto di essere uomo o donna: anche gli uomini hanno diritto di aver paura e fuggire, così come le donne possono decidere di restare e resistere, imbracciando o meno un fucile.

Chiamare le cose con il loro vero nome significa innanzitutto mettere la verità dinanzi ai propri interessi, anche a quelli vitali per un politico come racimolare qualche consenso in più a spese della stessa dignità umana.

In concreto, come Scalabriniani, presenti e operanti in Europa, vogliamo offrire il nostro contributo di solidarietà alle vittime di ogni esodo umano e, oggi in particolare, a quello che coinvolge tutte le persone che fuggono la guerra in Ucraina, siano esse di cittadinanza ucraina oppure di altra cittadinanza immigrate in Ucraina per studio, lavoro o riunificazione familiare.

Come SIMN Europe Africa attraverso ASCS, diamo il via a #WeCareForUkraine, una Campagna di raccolta fondi e sensibilizzazione che vuole dare una risposta concreta a questa drammatica situazione che sta sconvolgendo la vita di milioni di persone.

P. Lorenzo Prencipe c.s

Enti coinvolti:
SIMN Europe Africa
Ufficio di sviluppo regionale scalabriniano
ASCS / CSER

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