LO SPAZIO DEI GIOVANI
#PiuPontiMenoMuri
“O i giovani fanno chiasso o sono morti! Voi fate chiasso!”. Come ci ha detto Papa Francesco in occasione del nostro incontro con lui di qualche settimana fa, noi giovani dell’ASCS vogliamo camminare insieme per continuare “a fare chiasso”. Siamo noi la forza in grado di sognare e sporcarci le mani per costruire un mondo con più ponti e meno muri!
Anche per questo #ASCS si prende cura dei giovani attraverso la sensibilizzazione e la formazione nell’ambito della mobilità umana e dell’intercultura con proposte estive e durante l’anno, incontri, percorsi e stimoli attraverso i social.
All’interno della campagna #WeCareForPeople di ASCS, anche noi giovani vogliamo lanciare una serie di proposte sui nostri canali social. Viaggeremo ai confini, scopriremo storie e volti vicini e lontani, leggeremo libri e guarderemo film… resta in contatto per non perderti tutte le novità per un mondo con #PiuPontiMenoMuri!

LE NOSTRE RUBRICHE

Abbiamo provato a contarci, ma è stato impossibile: siamo tantissimi. Fino ad oggi centinaia di volontari hanno partecipato alle iniziative proposte dall’ASCS. Campi di servizio, weekend di formazione, volontariato internazionale, incontri e dialoghi sono stati occasione per offrire ai giovani uno spazio dove vivere a fianco dei migranti.
Se contarci è difficile, conoscerci è possibile. Basterà seguire questa nuova rubrica “Intervista 1 Volontario”: ogni mercoledì, su questa pagina, un volontario e la sua storia. Un’idea che nasce dal desiderio di scoprirci e raccontarci, di mostrarci per quello che siamo, di riconoscerci diversi ma con un obiettivo comune: costruire un mondo di più ponti e meno muri.
Sei o sei stato anche tu un volontario con l’ASCS? Rilascia la tua intervista! Contattaci su Instagram o Facebook alla pagina Più Ponti Meno Muri.
Chi sei? Noemi, 25 anni.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Ho conosciuto gli Scalabriniani attraverso il campo Io Ci Sto. La prima volta mi è piaciuto talmente tanto che l’ho fatto una seconda volta. Quest’estate ho partecipato al campo di Ventimiglia perché conoscevo da tempo la realtà di Ventimiglia ma non ci ero mai stata.
Cosa sogni?
Sogno di riuscire, anche solo nella quotidianità, a dare il mio contributo per rendere il modo un posto anche solo un pochino migliore.
Chi sei?
Sono Claudia, 25 anni, educatrice sociale. Sto facendo servizio civile e un master in educatore all’accoglienza.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Ho fatto il campo di Ventimiglia: è stato molto bello incontrare tante altre persone che vedono nell’immigrazione anche una risorsa e una ricchezza.
Cosa sogni?
Sogno di vivere una vita piena, di non farmi trascinare dagli eventi ma di essere protagonista.
Chi sei?
Sono Lucia di Pino Torinese, sto per laurearmi in Lettere moderne.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Ho fatto il campo Io Ci Sto nel 2017 ed è stato la mia prima esperienza a contatto con i migranti. Poi ho partecipato a diversi progetti di sensibilizzazione sul mio territorio.
Cosa sogni?
Sogno un modo che vada al passo di tutti.
Chi sei?
Sono Laura, un’insegnante di scuola primaria.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Ho iniziato con gli Scalabriniani con il campo io ci sto per due anni. Abbiamo iniziato a collaborare e li ho aiutati per la progettazione dei campi estivi. La scorsa estate ho anche partecipato a Mixité, il campo a Roma.
Cosa Sogni?
Sogno di sentirmi a Casa negli incontri che vivo e sogno che gli altri si sentano a Casa con me.
Chi sei?
Michelle, mi piace prendermi cura delle piante.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Lavoro nella Chiesa del Carmine (Milano), parrocchia affidata ai Missionari Scalabriniani. Ho partecipato alle esperienze estive Attraverso Trieste e Mixité.
Cosa Sogni?
Il mio sogno è di vivere una vita semplice, essenziale.
Chi sei?
Sono andrea Borgo, sono un ingegnere e adoro la fotografia.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Ho vissuto il campo Io Ci Sto 2017 che è stata la mia prima esperienza di volontariato con i migranti: da lì è nato il mio interesse per le tematiche della mobilità umana.
Cosa Sogni?
Sogno un mondo più equo e sostenibile

Chi sei?
Stefano, 30 anni, sono di San Donato Milanese.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Ho conosciuto gli Scalabriniani al Pop Camp, poi ho conosciuto Lucia e padre Jonas e sono rimasto in contatto con loro. Adesso collaboro per Il Mondo in Casa.
Cosa Sogni?
Sogno di poter trasformare la mia passione per la cooperazione nel mio lavoro.
Chi sei?
Sono Sara, studio medicina e mi piacerebbe lavorare con i migranti.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Sono andata al campo di Sanremo e Ventimiglia nell’estate del 2021 e questo mi ha dato una conferma di quello che vorrei fare nella vita.
Cosa Sogni?
Sogno di stare bene facendo stare bene gli altri.
Chi sei?
Sono Marta.
Che esperienza hai vissuto con l’ASCS?
Ho fatto Io Ci Sto nel 2017 e 2018. Poi ho collaborato per CineMigrante e TeatroMigrante. Insegno come volontaria dal 2016 nella scuola di italiano della Pastorale Migranti di Torino. Da questa attenzione alle persone in movimento è nato il desiderio di dar forma a un progetto di accoglienza di una ragazza nigeriana sul territorio di Pino Torinese.
Cosa Sogni?
Sogno un mondo senza frontiere.

“C’è una faglia sotterranea che taglia in due il Mediterraneo da est a ovest. Dal Vicino Oriente fino a Gibilterra. Una linea fatta di infiniti punti, infiniti nodi, infiniti attraversamenti. Ogni punto una storia, ogni nodo un pugno di esistenze. Ogni attraversamento una crepa che si apre. È la frontiera.” (A. Leogrande, La frontiera, 2015)
Vogliamo insieme partire per un viaggio attraverso questa faglia sotterranea, per conoscere almeno alcuni di questi infiniti nodi e infiniti attraversamenti. Ventimiglia, Oulx, Trieste, Lampedusa, Bihac, Samos, sono solo alcuni dei confini della nostra Europa: luoghi che spesso noi Europei vorremmo far finta di non conoscere, ma che sono lo specchio più vero delle contraddizioni del nostro Occidente.
Li andremo a conoscere i confini uno per uno, ogni volta con una coppia di post sui nostri canali social @piupontimenomuri e raccolti via via in questa pagina.
Buon viaggio!
Si scende da basse montagne di confine, per arrivare a Trieste. Nei boschi di questi pendii si trovano zaini e vestiti consumati da un lungo viaggio, l’ultimo tratto partito dalla Bosnia e speso nelle foreste croate e slovene.
I viaggiatori pedestri della rotta migratoria balcanica, arrivando a Trieste, hanno volti insieme scavati e di speranza.
Scavati da un viaggio lungo di molti anni, costellato di violenze e negazioni dei diritti minimi. Portatori di una speranza viscerale, vedono in Trieste un luogo dove forse finalmente non verranno respinti, e potranno o cominciare una nuova vita o continuare indenni il viaggio, testimoni di un inalienabile diritto alla vita che supera i confini spinati ma porosi dell’Europa.

“Ti immagini, 5 giorni in mare! La barca era piccola e al terzo giorno comincia ad imbarcare acqua. Abbiamo passato il resto del viaggio a cercare di buttarla fuori con le bottiglie. Poi finalmente siamo arrivati in Italia.”
Ma come facevate a sapere da che parte andare?
“Avevamo una bussola per capire la direzione. E poi il GPS sul telefono per capire quando eravamo vicini”.
Mi è rimasto impresso il racconto di Sonia.
Così quando mi chiamano dicendomi che non sta bene, la riconosco subito.
Sonia, che succede?
“Non lo so, io non ce la faccio. Mi sembra sempre di essere in mezzo al mare. Ho provato a farmi la doccia, ma sto male. È l’acqua, me la sento addosso, se mi viene sul viso non riesco a respirare.“
Sonia me la porto ancora dentro. Una ragazza della mia età, 26 anni, così piccola, donna e sola e al contempo con così grande coraggio di mettersi in viaggio per inseguire un sogno.
“Tranquilla Sonia, ora sei al sicuro”.
Nave Aurelia, Sicilia. Settembre 2021.

Lampedusa da lepas, lo scoglio eroso dalla furia degli elementi, che resiste nella vastità del mare aperto. Oppure Lampedusa da lampas, la fiaccola che risplende nel buio, che sconfigge l’oscurità.
Essere pienamente presenti in questi posti vuol dire forse essere capaci di star bene nella bellezza in cui ci si trova immersi e, al contempo, fare memoria e ricerca per acquisire consapevolezza della sofferenza di questo mare e queste coste. Mettere insieme questi due aspetti permette di immergersi nella contraddizione e nella profondità del Mediterraneo.
Parlare con i lampedusani è la chiave per addentrarsi nell’isola dalla terra rossa. Chi identifica le persone migranti come il problema di Lampedusa dà in fondo sfogo al senso di abbandono che ogni isolano percepisce, nella politica che non fa abbastanza, nell’isolamento che costringe a spostarsi sulla terraferma.
La “Porta d’Europa” di Mimmo Paladino si apre gialla sul mare. A un primo sguardo si rimane interdetti perché la parte decorata è rivolta verso l’entroterra e fa pensare che sia una porta che fa uscire più che accogliere. Girando attorno si nota che il retro contiene gli stessi simboli speculari al davanti. È porta che lascia liberi. Fa entrare e uscire dall’isola a seconda del desiderio di ciascuno. Non ci sono sbarramenti e direzioni obbligate. Questo l’augurio che deve essere impegno.
Da circa 6 anni sono nella piazza della stazione, attendono le persone migranti che arrivano dal vicino confine sloveno. I volontari di linea d’ombra, tutti i giorni, forniscono cibo, vestiti ed una assistenza medica ai profughi della rotta balcanica.
Il loro non è solamente un intervento umanitario, è un intervento politico, e ci tengono a farlo sapere.
I loro gesti sono politici perché sono fatti in piazza, pubblicamente, per tutti. I loro gesti sono politici, perché testimoniano un approccio sovversivo all’altro: cura e non respingimento, riconoscimento e non nascondimento. Si cerca di sgretolare il confine con mani e occhi che curano.