Una scelta del cuore
Sono Lucia, sono nata a Cittadella, una piccola cittadina dell’alta padovana, dove sono cresciuta, ho studiato e dove al termine degli studi ho iniziato a lavorare nel settore bancario. Nel 2006, cercando qualche ente che approfondisse il tema dell’intercultura ho conosciuto i Padri Scalabriniani di Bassano del Grappa (VI) ed ho deciso di partecipare al Corso di formazione per volontari alla cooperazione internazionale che organizzava in loco l’ASCS.
Al termine del corso di formazione ho deciso di partire per una esperienza di volontariato di un mese e sono stata inviata a Bogotà, Colombia dove ho operato all’interno della missione scalabriniana locale. Nel 2007 ho deciso di ripetere l’esperienza di volontariato durante il mio mese di ferie estivo ed una volta tornata ho realizzato che un mese di volontariato non mi bastava più e che volevo dare alla mia vita una opportunità ed una esperienza più profonda.
Così a gennaio 2008 ho lasciato il lavoro in banca e sono partita per una esperienza di un anno come volontaria, sempre a Bogotà, Colombia. L’esperienza poi si è tramutata in un percorso di cinque anni come coordinatrice della locale Casa di accoglienza per migranti e come integrante dello staff che gestiva “Il Nido del Gufo”, una ludoteca-biblioteca e centro culturale sito nel quartiere di Lisboa de Suba dove i Padri Scalabriniani hanno la loro missione.
Quando sono partita l’ho fatto ascoltando una voce che dentro di me diceva che potevo e dovevo dare alla mia vita una connotazione differente. Che potevo mettermi in gioco cercando di mettere me stessa al servizio degli altri e che questa esperienza avrebbe potuto dare alla mia vita un senso differente.
Ed in effetti questa esperienza la vita me l’ha cambiata del tutto in quanto nel 2012, una volta tornata in Italia, mi è stato proposto di lavorare nella sede di Milano di ASCS dove ad oggi coordino l’ufficio e seguo l’amministrazione ed il settore volontariato internazionale dell’associazione.
Passare da Cittadella a Bogotà e poi da Bogotà a Milano è stato un cambio molto profondo per me. Sono passata da una bellissima cittadina veneta di 18.000 abitanti in cui ai tempi le persone migranti erano davvero poche ad una metropoli di più di 8.000.000 di abitanti in cui ero io la migrante, quella diversa, quella che parlava una lingua differente e faceva fatica a capire la cultura in cui era immersa. E poi da Bogotà sono approdata a Milano, la più europea delle città italiane, un mix di culture, persone, gente. Una città in cui tutti sono benvenuti ma in cui è facile sentirsi solo, senza riferimenti, senza una direzione. Qui è proseguito il mio cammino di cittadina del mondo, in cui mi sono ritrovata a lavorare nell’ufficio di ASCS a Brera, nel cuore della “Milano bene”.
La Chiesa del Carmine, dove ha sede ASCS a Milano, ha il portone di entrata sempre aperto, proprio per dare un segno concreto dell’apertura nei confronti di tutte le persone che qui approdano. Qui a Milano ogni giorno progettiamo, sogniamo, organizziamo coinvolgendo nei nostri progetti, nelle nostre idee le persone migranti che sono soggetto attivo dei progetti, a cui chiediamo di collaborare con idee e aiutandoci nello svolgimento delle attività. Il lavoro in ASCS mi permette ogni giorno di toccare con mano l’umanità delle persone, la ricchezza delle varie culture con cui vengo a contatto, la profondità e bellezza del vivere con gli altri nel cercare di costruire assieme una società aperta ed accogliente, in cui ogni persona si possa sentire coinvolta e benvenuta.
Quando, oramai 18 anni fa, sono partita per la prima volta non avevo particolari sogni, semplicemente volevo sperimentare, conoscere, mettermi al servizio degli altri. Nel tempo ho imparato che più che mettere me stessa al servizio degli altri erano gli altri che si mettevano al mio servizio, raccontandomi, insegnandomi, aiutandomi a capire la complessità ma anche la bellezza di una cultura differente dalla mia.
I cinque anni in terra colombiana mi hanno insegnato a vedere la vita in modo differente, a vivere con più leggerezza ed a concentrarmi molto di più sul presente cercando di assaporare al meglio le opportunità che la vita mi offre. Il ritorno in terra italiana ha rappresentato per me una grande sfida, probabilmente ancora più complicata di quella di partire. Sono rientrata in quella che è la mia cultura, le mie radici, con una visione del mondo però completamente diversa. Per questo non è stato facile rientrare, dover riprendere ritmi che oramai non mi appartenevano più, scontrarmi con una realtà con problemi molto differenti rispetto a quelli che avevo visto affrontare dalle persone incontrate durante i miei cinque anni colombiani ma che creavano nelle persone delle ansie e dei pensieri molto forti. Non sentirmi capita e compresa a fondo da quasi nessuna delle persone che incontravo nella mia quotidianità milanese era frustrante, ma allo stesso tempo ero consapevole che questa cosa era normale perché io ero cambiata e riassestare la mia vita sui ritmi italiani era qualcosa che avrebbe richiesto tempo e pazienza.
In realtà, a distanza di dodici anni dal mio rientro in Italia, penso di non aver mai riassestato la mia vita al ritmo italiano. Semplicemente ho trovato un mio ritmo, una mia maniera di gestire i tempi, i problemi e le fatiche quotidiane cercando di non dimenticare ciò che i miei cinque anni colombiani mi hanno insegnato e provando ad applicarlo nella mia vita quotidiana.
Devo dire che lavorare in ASCS ha molto aiutato questo mio essere a cavallo tra due mondi, in quanto nel mio lavoro ogni giorno opero al fianco di tanti amici, colleghi e collaboratori di diverse nazionalità con i quali il confronto è continuo ed è fatto di insegnamenti, condivisioni e riflessioni.
Il mio cammino è iniziato quando l’associazione non aveva ancora compiuto due anni e mi ritrovo oggi a festeggiarne i primi venti. Questi 18 anni assieme sono stati per me una crescita ed una scoperta continua. Ho affrontato i tanti cambiamenti avvenuti all’interno dell’associazione a volte con timore ma sempre con tanta fiducia.
Ho avuto la fortuna di condividere la scrivania per quasi due anni con P. Beniamino, il fondatore di ASCS, ed a distanza di più di dieci anni dalla sua morte la sua luce, la sua saggezza e la sua dolcezza accompagnano il mio operare quotidiano. Lui mi guarda da una fotografia che abbiamo in ufficio ed io spesso gli sorrido durante le mie giornate e gli chiedo di guidare me e tutti gli amici che collaborano con l’associazione.
Auguro ad ASCS di continuare a rimanere una associazione aperta, giovane e fresca, pronta ad accogliere tutte le persone che hanno voglia di mettersi in gioco e di aiutare nella costruzione di una società interetnica in cui tutti possano sentirsi accolti ed amati, come lo siamo stati noi primi operatori.
Tanti auguri ASCS!