We Care for Michele
Secondo il calendario ufficiale, ogni anno inizia a gennaio e termina a dicembre.
Ma il mio calendario interiore, fin dall’età scolare, ha continuato a regolarsi a partire da settembre per giungere all’estate. Non credo di essere il solo, nella parte di mondo dove vivo.
Per questo dirò che ho trascorso a Casa Scalabrini 634, a Roma, un anno intero.
È iniziato in settembre, con lo stesso entusiasmo e con le stesse ansie dello scolaro al primo giorno di scuola ed è terminato (sarà poi vero?) con l’arrivo dell’estate.
Un periodo intenso, un’esperienza immersiva, nella quale il luogo del mio servizio da volontario è stato lo stesso luogo che per mesi ho chiamato casa.
C’è chi vede nel volontariato la foglia di fico che copre la vergogna delle carenze e delle inadempienze dei pubblici servizi e di chi li amministra. Non che questa rappresentazione sia del tutto priva di verità. Ma credo che si inganni chi immagina che l’assistenza e l’accoglienza possano essere demandate esclusivamente all’intervento di operatori professionali.
Vi è nel servizio volontaristico e nel suo essere gratuito e non espertistico un valore aggiunto che risiede nella scelta. Nella libera scelta di esserci. Libera dai meccanismi condizionanti e, talvolta, ricattatori che regolano il lavoro salariato.
La scelta di un periodo da volontario, in una città diversa dalla propria, ad un’età non più giovane, andrà detto, è un piccolo lusso che mi sono concesso e che ha implicato una riorganizzazione della mia vita e delle priorità, un liberare tempo e spazio, anche a costo di alcuni sacrifici.
La ricompensa è stata grande, saperla cogliere. Nelle parole e nei gesti di gratitudine e di riconoscenza dell’altrə, nel privilegio di accompagnarlə per un piccolo tratto del suo cammino e vedere il mondo attraverso i suoi occhi.
