Breve storia (quasi) zen

Nel giardino di Casa Scalabrini 634 c’è un corbezzolo. È un albero alto e affusolato, dalla corteccia a scaglie. “Corbezzoli!” ho esclamato la prima, vedendo i suoi frutti, che a me evocano le vacanze d’infanzia in Sardegna dove, però, le piante di corbezzolo avevano un aspetto più basso e cespuglioso. Almeno, così era nei miei ricordi. Tutto, in Sardegna, era un po’ più basso e cespuglioso: anche i miei parenti…
I frutti del corbezzolo passano da un bel verde ad un arancio vivace, per maturare in un rosso vivo, quasi innaturale. La loro forma è sferica e la superficie è granulosa, ricoperta di tubercoli che la fanno sembrare quasi una dura scorza, ma al tatto sono insospettabilmente morbidi e dolci, al palato.
Da quando vivo qui, nella giusta stagione, ogni mattina osservo un rituale: uscire in giardino e mangiare, cogliendoli direttamente dall’albero, quei due o tre frutti che sono maturati nottetempo sui rami più bassi, ovvero quelli che posso raggiungere stando sulla punta dei piedi. La maggior parte maturano su rami più alti ai quali non riesco ad arrivare e li guardo impotente diventare di un rosso ancor più scuro e poi cadere. E resto ad osservarli, al suolo con un rammarico un po’ infantile.
“Devo prendere una scala”, mi ripeto tutte le volte, “in modo da arrivare anche a quelli più in alto e riempirne un bel cestino”. Sicuramente è la mia ben nota pigrizia a ostacolarmi, in questa operazione. Ma non solo. Mi piace pensare che questo rito mi dia la chance di fare una scelta diversa dal consueto. Cogliere l’opportunità di non cogliere, per così dire. Accettare serenamente il mio limite, la mia finitezza. Infondo, penso, è proprio questo che rende speciali quei pochi, piccoli frutti che arrivo a cogliere in punta di piedi: il fatto stesso di essere i pochi che mi è concesso di raggiungere.
E se mi risulterà difficile farmi bastare questo piccolo dono dell’albero, se mi sarà difficile trovare “la serenità di accettare le cose che non posso cambiare”, troverò “il coraggio di cambiare le cose che posso”.
E allora saprò che il bar sta qui a fianco e… “Cappuccino con cacao e cornetto, grazie!”