Paura di cadere e voglia di volare

Mai avrei pensato che una corona del rosario potesse smuovermi e commuovermi. Ma riceverne uno dalle mani di B, nel momento in un cui lasciava la Casa, sapere che ha speso un po’ del suo tempo e delle sue preziose risorse per lasciarmi qualcosa di tangibile del breve periodo trascorso insieme mi ha davvero toccato nel profondo e questo gesto contribuisce a restituire un senso a questa mia esperienza in Casa Scalabrini 634.
B ieri ha lasciato la Casa ed è andato a vivere insieme a D, del quale ho raccontato qualche post fa. Il momento dell’uscita ha commosso tutti. I due apparivano tesi, preoccupati e molto tristi. Parliamo di giovani uomini non così abituati nel legittimarsi ad esprimere e raccontare le proprie emozioni. Eppure lo hanno fatto, dicendoci dei loro timori e delle incertezze, rispetto a questa nuova stazione del loro percorso.
Fin qui l’Italia, Roma in particolare, hanno significato le varie strutture che rappresentano la prima accoglienza e che si chiamano con freddi acronimi: CAS, SPAR, SAI… Posti dove lo spazio e la libertà personale sono limitati, ma che offrono la branda sulla quale riposare, il pasto caldo, due soldini per il caffè e il cornetto.
Poi, in circostanze più o meno casuali, l’approdo in questo strano luogo, Casa Scalabrini 634, meglio dei centri, ma ancora lungi dall’autonomia e dalla libertà. I rimbrotti per la pulizia in stanza e negli spazi comuni, i continui richiami per sbrigarsi a cercare una stanza in affitto, come se fosse facile e, quando pensi che per quel giorno l’hai passata liscia e puoi finalmente buttarti sul letto ad oziare, qualcuno immancabilmente viene a stanarti per la cena della Casa, la festa di chissà-cosa, la riunione di struttura.
Ma il giardino e il muro dipinto che separa dalla Casilina sono un momento di pace, dopo un giorno di duro lavoro e una protezione contro un mondo dove tutto è così ingarbugliato.
La libertà, l’autonomia fanno paura e poi, in una parte di mondo dove tutto ha un prezzo, la libertà te la devi poter permettere.
Ieri sera tutti eravamo commossi e tutti ci sforzavamo di non metterci a singhiozzare. È stato allora che B ha tolto di tasca un pacchettino argentato che avvolgeva una corona del rosario: “Questa è per te, per il bene che mi hai fatto”, ha detto. Ho ceduto di colpo e non sono riuscito a trattenere le lacrime. Ho abbassato la testa e ho mormorato: “vi chiedo scusa ..”. Ma B mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha rassicurato, dicendomi che, qualche volta, capita anche a lui. Ho pensato: c***o, se succede anche a B… Vuoi che non succeda a me? Poi, ormai, sono arrivato a quell’età nella quale ti commuovi pure per La Pimpa.
Abbiamo caricato il furgone e ci siamo diretti al loro nuovo alloggio. Scaricati i bagagli, davanti al portone ci siamo guardati e, quasi in coro, abbiamo esclamato: “selfie!”. Ora eravamo sorridenti ma quella la foto, mi scuserete, la tengo tutta per me.