We Care for Silvia
“Guarda Silvia a Novembre inizia il corso per volontari di ASCS”
con questa semplice frase è iniziata la mia piccola avventura come volontaria nella Casa del Migrante di Tijuana in Messico, dove ho deciso di vivere gli ultimi sei mesi di questo 2022.
Sono Silvia e arrivata ai 26 anni ho sentito il desiderio di sperimentarmi in un contesto che fosse lontano da Bergamo, dove ho sempre vissuto e dove da alcuni anni lavoro come educatrice, per confrontarmi con me stessa, con un’altra cultura e lingua e con il fenomeno della migrazione che ha il nome e cognome di tante persone migranti.
La “Casa del Migrante” accoglie dall’87 migranti provenienti da molti paesi del Sud America e dell’America centrale, i migranti interni ovvero messicani costretti a muoversi a causa della violenza dei cartelli del narcotraffico e deportati ovvero migranti illegali che dopo anni negli Stati Uniti vengono rimandati dall’ “altro lato”.
I volontari hanno il compito, a volte non troppo semplice, di creare un ambiente famigliare e protetto, dove ogni persona possa vivere questa struttura davvero come casa: preparare insieme i pasti e servirli, pensare attività per i bambini e gli adolescenti, creare momenti di festa e condivisione per tutti, assicurarsi che ogni persona abbia il necessario prendersi cura di sé stesso (es: procurando vestiti, scarpe ecc.…)
E dentro e attraverso tutte queste mansioni pratiche e indispensabili, spesso mi chiedo “E cosa ho scoperto o meglio, sto scoprendo?”
Ho scoperto il potere della comunicazione, di come il parlare la stessa lingua possa avvicinare, possa aprire una breccia dentro la diffidenza e in questa certezza allo stesso tempo sorprendermi di come un sorriso, lo “stare e fare” insieme o semplicemente restare in silenzio e in ascolto possa aiutare l’altro a sentirsi libero di consegnarti un pezzetto della sua storia.
Ho scoperto quanto sia difficile a volte abbattere i muri che creiamo nelle relazioni con gli altri: muri di giudizi affrettati nel vedere un’illusione là dove c’è speranza, muri di privilegi di chi ha la libertà di scegliere di vivere o “non” vivere in altro paese, la libertà di muoversi e viaggiare e avere la fortuna di poter dire “ah non ci avevo pensato”.
Ho imparato a non sottovalutare la festa e l’allegria, ovvero la capacità di ritagliare momenti di leggerezza che passano per un karaoke improvvisato, per una festa di compleanno organizzata in poco tempo ma con cura, per una bevanda calda condivisa nel cortile. Momenti che rendono davvero CASA questo posto e che ricordano agli ospiti, o forse ricordano a noi, che sono persone che ridono, ballano e si raccontano storie. Perché la loro vita non si riduca alla definizione “migrante” che spesso etichetta e sembra annullare il passato e il presente della persona, identificandola solo con il suo futuro tutto stretto nella domanda “Dove vuoi andare?”.
Sono partita da sola, ma sola, in questo viaggio, non mi sono mai sentita. Sostenuta dalle persone che mi attendono in Italia, circondata dalle persone che ho conosciuto e sto conoscendo qui, di cui volti e nomi non voglio dimenticare e spalleggiata dai miei compagni di viaggio, i volontari, fonte di forza e di infinite di risate…tutto questo incorniciato dentro la caotica, complessa, strana, divisa e amata città di frontiera, Tijuana.