A Tijuana con ASCS: una grande occasione di scoperta e cambiamento, un nuovo me

Mi chiamo Andrea, sono marchigiano anche se ho vissuto a Bologna tredici anni prima di partire per un volontariato con ASCS. Di formazione sono biologo, anche se negli ultimi anni, per passione e vocazione direi, mi sono gettato nel lavoro comunitario, la difesa dei diritti e della giustizia sociale. Attraverso queste ultime attività mi sono iniziato ad avvicinare al mondo della migrazione e della difesa dei diritti delle persone in movimento, dando una svolta alla mia vita, che ora è fatta anche di questo.

Potremmo dire che ho iniziato con ASCS nel 2019, quando alla ricerca di qualcosa di diverso e mosso da esperienze di amici che avevano preso una strada simile, partecipai al corso per volontari internazionali, in quell’anno tenutosi anche a Roma. Il corso in sé fu una grande esperienza, un importante preludio a qualunque esperienza che si possa decidere di fare dopo, motivante e umanamente sconvolgente. Dopo 2 anni, terminato il dottorato e impegni accademici decisi di partire con ASCS, ovunque ce ne fosse bisogno. Mi venne proposto Tijuana, e con entusiasmo accettai. Si trattava di svolgere servizio di volontariato nella Casa del Migrante en Tijuana, un centro di accoglienza per persone in movimento nella famosa città di frontiera. Partii per il Messico il 16 di Ottobre del 2021, con una idea molto vaga di cosa avrei trovato, ma con tanta voglia di scoprirlo e di fare tutto un po’ mio.

Sono partito con l’idea di non voler tornare come la stessa persona. Potremmo dire che così è stato, o potremmo anche dire che ancora non lo so, perché non sono mai veramente tornato. Il sogno che avevo era quello di conoscere, e conoscermi. Avevo voglia di conoscere un contesto e un mondo diverso, conoscere persone e storie pero anche conoscere me stesso, i miei limiti, le mie capacità in questo nuovo mondo. L’esperienza di volontariato nella casa del migrante è stata estremamente positiva da tanti punti di vista. Ho trovato una famiglia, composta dagli altri volontari, con quali ci si organizzava nel lavoro, si risolvevano problemi insieme e ci si divertiva. Ho avuto modo di conoscere tante persone con le quali condividere qualcosa, anche solo una breve chiacchiera il poco tempo della loro permanenza nel centro. Ho imparato a lavorare insieme agli altri anche quando si hanno interessi diversi e non necessariamente si condivide lo stesso punto di vista su cosa sarebbe giusto o sbagliato. Mi si è aperto un mondo che non conoscevo affatto, ho imparato una lingua che praticamente non parlavo, ho iniziato a entrare in contatto con chi con passione lavora a Tijuana nelle maniere più diverse il tema delle migrazioni e dei diritti, ho sperimentato e fatto cose con creatività che non avevo mai pensato di fare, e di cui non sapevo di essere capace.

Partii per stare solo 6 mesi, alla fine rimasi nella Casa dl Migrante un anno. Probabilmente per tante ragioni, la grandezza delle esperienze che stavo facendo, le persone conosciute, con le quali si stabilisce un legame profondo, e forse anche un po’ la paura di tornare. Alla fine di quell’anno mi sono reso conto che la differenza tra il prima e il dopo ASCS sarebbe stata ancora più marcata. Ho capito che l’esperienza con ASCS nella Casa del Migrante sarebbe stata la base di tutto ciò che sarebbe seguito. In qualche modo ho deciso di restare, immergendomi nel lavoro di altre organizzazioni e centri di accoglienza della zona e continuando a frequentare la Casa del Migrante e le persone che ne facevano parte. Ancora oggi sono in Messico, vivendo una nuova vita che è iniziata definitivamente quando sono salito su quell’aereo nell’ottobre 2021 con ASCS. L’inizio di una seconda vita e di un second me.

Ricordo il mio primo giorno nella Casa del Migrante. Luis, ospite del centro con la sua famiglia, sfollata a causa della violenza nello stato di Guerrero, mi si avvicina cercando di scambiare qualche parola con me. Deve avermi visto perso e spaesato, era tutto totalmente nuovo: ricordo il grande patio della casa del migrante, il cuore della casa, rumoroso però tranquillo allo stesso tempo. Luis mi chiese se ero nuovo, come mi chiamavo, da dove venivo, con un gran sorriso. Credo che non dimenticherò mai quel suo tentativo di farmi sentire a mio agio, ben accolto. Si costruì una relazione di amicizia che durò tutto il tempo in cui rimase nella Casa del Migrante. Passarono molti mesi nel centro finché non riuscì con la famiglia ad arrivare negli Stati Uniti e richiedere asilo.

Nella Casa del Migrante ho scoperto cosa fosse un “corrido”. Per il giorno internazionale del rifugiato si cercava di produrre qualcosa di creativo con le persone residenti e venne fuori che un ragazzo giovanissimo dello stato di Michoacan ospite del centro con la sua famiglia suonava benissimo la chitarra, e che un signore di Honduras arrivato da poco con il suo partner aveva una voce incredibile. Qualcun altro tirò fuori grandi abilità da compositore. Scrissero una ballata, un “corrido” che parlava della politica migratoria degli Stati Uniti. Si chiamava “Titulo 42”, la legge che all’epoca permetteva agli Stati Uniti, con la scusa della pandemia, di respingere ed ignorare qualunque richiesta di asilo alla frontiera, violando convenzioni e accordi internazionali. La canzone parlava proprio di questo, di come il sistema violasse i diritti, di come fosse ingiusta la politica. Con loro mi organizzai per registrare un video e montarlo per poterlo diffondere per sensibilizzare sul tema, un’esperienza divertente, toccante e significativa per me. E avevo scoperto cos’era un “corrido”.

Ricordo il disagio che provavo nei primi turni in cucina, sentendo tutto il peso di dover provvedere ad ogni cosa affinché tutti potessero mangiare e tutto restasse in ordine. Questo durò finché mi resi conto con maggior forza che non dovevo fare tutto da solo, che c’era sempre qualcuno ad aiutare, che il senso vero di tutto era lavorare e fare con gli altri e non per gli altri. Capire questo fu fondamentale per vivere diversamente tutte le esperienze a seguire. I turni in cucina diventarono i più tranquilli e divertenti, spazio di condivisione, preziose chiacchiere e pettegolezzi. I turni, i conflitti e i problemi potevano essere massacranti se si decideva di affrontarli in solitudine, come gli eroe della storia. Non c’era bisogno di eroi, né di qualcuno che salvasse la situazione, c’era bisogno di ascoltare, di collaborare, di decidere insieme e anche solo di semplicemente stare. Tutto sarebbe stato molto più divertente, piacevole, arricchente.

Auguro ad ASCS che possa continuare a fornire questa opportunità a tanti che come me magari cercano qualcosa, che hanno voglia di mettersi in gioco, di essere creativi, e soprattutto mettersi in dubbio. Auguro ad ASCS che possa continuare ad essere il seme del cambiamento, sia nelle sue azioni come anche nella vita di chi decide di farne parte anche solo per un breve periodo. Auguro ad ASCS di non perdere l’energia e la spinta per continuare a promuovere a sostenere i suoi progetti, e di poter sempre contare con una base persone di cuore e senso di giustizia, con voglia di fare e cambiare. Tanti auguri.

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2024-08-20T14:05:18+02:00
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