Faccia a faccia, cuore a cuore, passo dopo passo

Hola! Mi chiamo Silvia, ho 26 anni e vivo a Cuneo.

Ho iniziato il mio viaggio con ASCS qualche anno fa, mentre cercavo un tirocinio universitario che mi permettesse di fare un’esperienza all’estero nell’ambito delle migrazioni. Durante il corso per volontari in partenza per l’estero, è stato piacevole scoprire di condividere molti obiettivi e molti ideali con l’associazione.

Dopo qualche tempo, sono partita per La Paz, Bolivia, per 3 mesi. È stato un po’ un trampolino di lancio, che ha alimentato la voglia di condividere ancora di più il mio cammino con altre persone. Così, dopo poco dal mio ritorno, sono volata nella missione di Città del Guatemala, dove ho prestato servizio per 9 mesi.

Questo tempo ce l’ho tatuato nel cuore; è stato quotidianità, passione, scoperta, incazzatura e incomprensioni. Accompagnare le persone nel loro cammino per una notte sola all’inizio può sembrare superfluo, poco influente nel loro viaggio. In realtà crea intorno a te e intorno a loro un’ondata enorme, quella della cura verso l’altro. Quando i migranti entrano nella struttura di accoglienza, li si intervista: oltre chiedere le generalità classiche, un punto sul quale si insiste molto è il fatto che quella, anche se solo per una notte, sia CASA loro: Casa del Migrante, appunto. Non una casa qualunque, dove entri ed esci senza aver fatto la differenza, ma casa tua, di cui ti devi prendere cura, perché almeno per una notte ci vivrai dentro. Casa non solo per le persone di passaggio durante il loro viaggio verso il grande sogno americano, ma Casa anche per i volontari e per le persone che ci lavorano.

Vorrei soffermarmi sulla bontà dei compagni e delle compagne con le quali condividevo le mie giornate, sulla loro disponibilità ad accogliere e ad affiancare i volontari, spesso così lontani da loro per lingua e cultura. Un lavoro così richiede passione, dedizione e sacrificio.

Grazie a loro, oltre che sentirmi a casa, mi sono sentita in famiglia. Alcune persone hanno fatto la differenza durante questi mesi: quando ero a pranzo da sola, Killy mi invitava a casa sua per cucinare le sue famose pupusas; quando sentivo la mancanza di casa, Edizon mi abbracciava così forte da ricaricarmi le batterie; quando prendevo il raffreddore, Walter mi riempiva di fazzoletti e caramelle alla menta, perché l’antibiotico locale tal vez te hace dano; quando non capivo i dialetti guatemaltechi, Karina era pronta a tradurmeli nello spagnolo più semplice; quando non capivo tanto cosa c’entrasse Dio in tutto ciò, Padre Francisco e i seminaristi mi dicevano di aspettare: arrivava così una donazione enorme di pane proprio quando non ce n’era più.

Tutte queste attenzioni erano quotidiane verso tutte le persone nella casa, e i sorrisi che le accompagnavano mi hanno fatto sentire orgogliosa del servizio a cui ho partecipato.

Alla fine, conta solo in parte se la casa è vecchia o moderna, grande o piccola, in centro o in periferia. È la qualità, la bontà delle persone che la vivono e che la rendono Casa che ti permette di fare un lavoro che conti davvero.

Quindi, quello che auguro ad ASCS, è di continuare a riempirsi ed animarsi di persone vere, fresche, empatiche, con la luce negli occhi e il fuoco nel cuore. Di continuare ad essere una famiglia allargata, sia per le persone che la vivono quotidianamente, sia per coloro che l’hanno conosciuta solo di passaggio.

Scopri la Campagna Scintille di Sogni e accendi una luce di futuro, accoglienza e speranza per tutte le persone in movimento.

2024-07-16T10:26:12+02:00
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