Gracias hermanitas
Mi chiamo Maddalena Volcan, ho vent’anni e mi piace pensare che sono una studentessa nella vita, in generale. Sono curiosa di imparare e conoscere realtà nuove, modi diversi di pensare e di vedere il mondo. Per questo sono una grande appassionata delle lingue, la nostra maniera di comunicare tra di noi come membri di una società unica, e dei viaggi, uno dei modi per esplorare il mondo e conoscere ambienti esterni alla nostra vita quotidiana.
Questa mia sete di conoscenza è stato uno dei motivi per cui ho scelto di partire con ASCS per l’esperienza di volontariato in Cile, dall’altra parte del mondo. Ho infatti trascorso gli ultimi due mesi presso il CIAMI – Centro Integrado de Atención al Migrante, il centro di accoglienza migratoria della Fondazione Scalabrini a Santiago de Cile. Il CIAMI è un centro che include diversi servizi per le persone migranti in Cile: dalla casa di accoglienza per famiglie, alla parrocchia, al consultorio legale per il percorso migratorio. Io come volontaria ho lavorato nella casa di accoglienza per donne e nella bolsa de empleo, nell’ufficio di ricerca di lavoro.
È difficile per me raccogliere quest’esperienza in una pagina di foglio, perché penso di non essere ancora completamente consapevole di cosa io abbia lasciato qui o di cosa mi sia stato dato in questi mesi. Una cosa di cui sono sicura però è che quest’esperienza mi ha lasciato tante riflessioni e tanti punti interrogativi su me stessa, sulle persone e sul mondo intero. Essere inserita in un contesto completamente diverso rispetto a quelli che ho conosciuto fin’ora mi ha dato la possibilità di vedere il mondo da un’altra prospettiva, di esplorare me stessa e la mia vita con lenti nuove.
I miei compiti erano semplici. La mattina la colazione, con del pane e marmellata e café con leche, la sera la cena, con del pane al formaggio. Durante la settimana facevo del mio meglio per aiutare queste donne nello sciogliere i nodi del nuovo sistema migratorio cileno, per facilitargli la vita che avevano tanto desiderato qui.
Erano gesti semplici e umili, da cui però nascevano pensieri e riflessioni. Io come donna migrante aiutavo altre donne migranti a iniziare una vita in un nuovo paese, la stessa vita che anche io stavo cercando di capire. Qui a Santiago mi è sembrato di vivere su due binari: il binario della mia esperienza e il binario della loro.
Il binario della mia vita era un binario liscio e oliato verso un futuro ignoto ma sorridente, il cui motore è la speranza di trovare una vita piacevole e gradita. Quest’esperienza a Santiago è una fermata del mio treno, che ha aperto nuove porte, nuove possibilità e nuove visioni per me e per la mia crescita. Il binario della vita di queste donne migranti è completamente differente. Non solo l’origine della loro storia e le loro radici sono diverse, ma anche la loro traiettoria viene stata influenzata dal mondo in un modo completamente diverso rispetto alla mia. Il modo come io vengo trattata in Cile come migrante italiana è diametralmente opposto rispetto al trattamento che loro ricevono come donne peruviane, boliviane, venezuelane o haitiane. Sul loro binario, io ero una passante osservatrice, una ragazza che gli aveva sorriso una volta nell’offrirgli quell’umile aiuto che potevo dare.
Alla fine dei conti, la differenza tra questi due binari la fa il privilegio. Un privilegio che io non avevo mai provato sulla mia pelle tanto che mi sembrasse di vivere due vite parallele. Essere inserita in questo contesto migratorio mi ha aperto gli occhi sul mio privilegio: mi ha fatto sentire sulla pelle quanto io sia privilegiata ad avere la vita che ho e ad essere di nazionalità italiana. Cose per cui io non ho fatto nulla, cose che fortunatamente mi sono capitate alla nascita, per cui io non mi posso assumere alcun merito. Mentre questi due binari si allontanano, separati dalla voragine del privilegio, riecheggia il rumore del motore del treno che scivola sulle rotaie verso una visione di un futuro migliore. Questo eco che rimbomba è il suono della speranza. La speranza è il desiderio che muove il nostro treno sui binari della vita, il treno di tutte le persone migranti. La capacità di sognare un futuro migliore per noi stesse, per le nostre famiglie e il desiderio di vedere nuove possibilità nel presente sono il motivo della resilienza di queste donne.
Le mie sorelle, mis hermanas, hanno una grande forza dentro, un’energia interna quasi spirituale, calma ma risoluta. Le mie sorelle sono tenaci, resistenti nelle situazioni più difficili e perseveranti nel lungo processo di accoglienza e integrazione. Ho cercato di assisterle come potevo nelle situazioni più nodose e ingarbugliate, nei momenti in cui la fiamma della speranza che risplende in loro si faceva più debole. Aiutandole modestamente mi sono riempita di meraviglia. Mi sono immersa nella loro energia, nel loro modo di ballare sulle corde del mondo, agli angoli delle strade e sulle crepe dei marciapiedi. Mi sono trovata circondata dal suono di una nuova lingua, da una nuova prospettiva di vedere il mondo e ne sono rimasta impressionata. Sono rimasta incantata dalla loro perseveranza ed energia, dalla loro capacità di non perdere la speranza, di non lasciare che il mondo spenga la loro luce e di combattere per il futuro che desiderano per loro stesse.
Quest’energia, che muove i treni delle loro vite, riecheggia nel mio cuore quando palpita. Quando sento il ritmo della marinera, ballata nel salone il 27 luglio per la Fiesta patria de Peru, quando sento l’eco delle loro risate il sabato sera a cena, quando sento lo sfrigolio delle uova che friggono la domenica mattina. Il respiro della speranza rimbomba in tutta la casa di Malaquias Concha: si sente nelle mura e sulle scale, nei passi delle donne che vanno a lavorare, nel suono delle sedie che si sposano mentre aspettano che ci sia qualche offerta di lavoro. Risuona nei silenzi, nei sospiri, nei racconti, nelle chiacchere e nelle risate.
Quest’energia ha riempito anche me, mi ha riempito il cuore e l’anima. Adesso che sto vivendo i miei ultimi momenti in questa casa, l’unica cosa che posso fare è assorbire questa energia completamente, fino all’ultimo e dire, gracias hermanitas.