Maratane
Ci ho messo un po’ a scrivere questa testimonianza. Ma non è facile mettere nero su bianco tre anni trascorsi a Maratane. Come si fa? Da dove si parte?
Ricordo come fosse ieri la risposta di Lucia al mio CV. Quando l’ho ricevuto ero in uscita con la casa di riposo dove lavoravo. Mi sono chiusa in una stanza per leggere la mail. E lì è iniziato tutto. Il mio cuore ha iniziato a scalpitare. Non era ancora un si ma sentivo che lo sarebbe stato. Nel giro di qualche mese ho messo piede per la terza volta a Nampula, in Mozambico. Una città quasi nuova e un’esperienza diversa dalla precedente. Ma la sensazione di quando varco questa soglia è sempre la stessa. È un ritorno a casa.
Da quando sono tornata ho ripetuto molte volte la frase “ero responsabile di un centro nutrizionale in un campo profughi”. Non vi sto qui a dire cosa si faceva perché ho spiato le altre testimonianze e altri lo hanno spiegato bene. Ma vi voglio dire cosa è stato Maratane per me.
È stata un’esplosione di vita, di colori e di culture. Il vociferare di bambini, le risate delle mamães. Il suono delle arachidi o del miglio che diventano farina nel pilão. Il saluto che si sentiva ripetutamente dall’entrata al campo fino a raggiungere il centro: Jambo! Il suono soave di piedi esili che camminano km per arrivare al centro. Il centro nutrizionale dove io passavo le mie giornate. Li si era immersi nella vita della gente. Ad accompagnare le loro quotidianità, ad ascoltare le loro storie… a cercare di dare qualcosa in più, dall’ascolto, a un sacco di farina, a una presenza. A piangere e ridere con loro.
Il centro nutrizionale è dentro il campo rifugiati. In questo angolo di mondo ho vissuto la grazia di conoscere diversi popoli… quello mozambicano, congolese, ruandese e burundese. E le loro storie di estrema povertà per i mozambicani, e di guerra persecuzioni e violenza per i rifugiati…ma ci sono cose che accomunano tutta questa mia gente. La dignità, la forza di ricominciare e i sorrisi. Sempre e comunque. Con una fede che sostiene l’intera Africa.
La dignità che mostravano ogni giorno le madri che venivano al centro con i bambini sulle spalle. Lo sguardo fiero, e la speranza. Queste mamme erano povere, potevano presentarsi anche scalze, dopo km di strada rossa percorsa a piedi. Ma al tempo della raccolta arrivavano con un pugno di arachidi o una cesta di pomodori caricati rigorosamente sulla loro testa avvolta in una capulana colorata, per esprimere il loro grazie e per condividere quanto avevano.
La forza di ricominciare. Sempre. Non ho mai sentito un “non ne posso più”. Davanti a una casa bruciata, a una stagione senza pioggia, alla perdita di un figlio… io non ho mai visto la disperazione. C’era sempre quest’espressione “È Deus que sabe”. E così ricominciavano da quello che avevano, un mattone per ricostruire la casa, una zappa per provare a piantare qualcosa e la fede per superare qualsiasi cosa.
E poi i sorrisi… i sorrisi sono, forse dopo i cieli d’Africa, la cosa più bella di questa terra. Ed appartengono a tutti…dai bambini agli adulti. Anche quando per strada uno ti taglia la strada e tu lo guardavi come per dire “ ma ti pare?”, lui alza il pollice e ti fa un sorriso, a cui non puoi non rispondere con un altro, o quando, lungo le strade sterrate, trovi le biciclette che non hanno freni e per lasciare passare le macchine si infilavano nei campi e, praticamente sempre, si accasciavano al suolo, anche lì tu ti fermavi preoccupato ma loro ti guardavano e con una sonora risata non potevano che far sorridere anche te!
Vi chiederete se non c’è niente di male e niente di brutto. Certo che c’è, come in tutte il mondo. Ma oggi ho deciso di dare spazio al bene. E poi, come quando si ama, quando passa il tempo ci ricordiamo solo le cose belle!
Tutto questo è stato possibile grazie ad ASCS, che ha creduto in quel cv mandato 9 anni fa. Grazie a Lucia e a Claudio che mi hanno accompagnato in questa avventura e mi hanno fatto questo dono. Ricordo Lucia che mi aveva detto che sarebbe stato difficile partire, ma che sarebbe stato ancora più difficile tornare! È stato proprio così cara Lucia!
Giovanna Fakes