Un incubatore di sogni
Sono Simone, ho 25 anni e abito a Chieri, vicino a Torino. Sono scout da sempre, il mio mezzo di trasporto preferito è la mia bicicletta, sono appassionato di montagna, di boschi e di orti, ma anche i treni hanno un fascino speciale, come tante altre cose curiose del mondo e di tutti i giorni. Ho studiato materie umanistiche all’università e ora, dopo un periodo di volontariato in Brasile, sto lavorando nell’ambito della mobilità umana e della promozione dell’accoglienza.
Ho conosciuto ASCS grazie al passaparola di tanti giovani nella mia città che negli anni hanno partecipato all’allora Campo Io Ci Sto con i lavoratori stagionali a Borgo Mezzanone, nel foggiano. Ho partecipato per la prima volta l’estate della quinta liceo, sono ritornato l’estate successiva e da lì via con mille altre avventure, all’inizio con amici e amiche chieresi, con cui abbiamo fatto e fatto finché abbiamo convinto l’associazione ad aprire una sede a Chieri! Le attività con ASCS e gli scalabriniani mi hanno portato lungo la rotta balcanica e poi con i campi estivi “Attraverso” a conoscere confini ed esperienze di accoglienza e respingimenti in tutta Italia.
Quando sono partito la prima volta avevo nel mio zaino tante letture, domande, pensieri sul tema delle migrazioni, che mi avevano affascinato: quello che mi ha colpito più di tutto è stato l’incontro. Per la prima volta quell’estate ho incontrato di persona il “migrante”, il “rifugiato”: volti e storie che stanno dietro a parole, categorie e stereotipi, L’umanità e gli incontri sono quello che mi porto dietro da tante esperienze fatte.
Tra gli incontri più significativi ricordo quello con Shoaib: stavamo percorrendo la rotta balcanica ed eravamo in un punto sperduto in mezzo alla campagna bosniaca, dove vicino ad un piccolo posto di controllo della polizia c’era un piccolo gruppo di persone in transito che erano state fatte scendere dall’autobus. Lì, in quella piazzola di terra battuta, quel giovane pakistano ci ha spiegato cosa volesse dire sentirsi una pedina o un pallone nelle mani di un gioco fatto da altri sulla propria pelle: the game.
Auguro che, come è stato per noi, ASCS possa continuare ad essere una famiglia accogliente, uno spazio di fiducia, un incubatore di sogni, attivando i giovani per costruire insieme un mondo con più ponti e meno muri.